Linkiesta.it di 4 nov 2024

La trappola della prevenzione davanti al pericolo trumpiano


Alla vigilia delle elezioni più importanti nella storia degli Stati Uniti, e nostra, non vorrei cadere in quella che il nostro ministro della Cultura definirebbe una forma di «apocalittismo difensivo». D’altra parte i segnali, i fatti compiuti e le solide ragioni per temere un’apocalisse della democrazia occidentale sono tali e tanti che forse, come scongiuro, non ci resta che aggrapparci a quel vecchio detto di John Maynard Keynes: l’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre (per i cultori di filologia delle citazioni, rinvio a due lettere in merito, qui e qui, apparse l’anno scorso sul Financial Times). D’altra parte, il disastro prodotto dal surriscaldamento politico globale in atto dal 2016, con Brexit e l’ascesa di Donald Trump, mette da tempo qualunque commentatore davanti alla tipica trappola della prevenzione, in un modo tragicamente simile a quello che si verifica con i rischi ambientali e i guasti del cambiamento climatico: per scongiurare gli esiti peggiori occorrerebbe uno stato di continua allerta e mobilitazione, ma quanto più una tale mobilitazione riuscisse a evitare il peggio, tanto più un minuto dopo i suoi promotori sarebbero delegittimati e sbertucciati come allarmisti, come cassandre da quattro soldi accecate dal fanatismo ideologico o mosse da inconfessabili interessi personali.
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