La guerra da marciapiede del pastel il piccolo dolce che racconta come cambia Lisbona

La cosa che più colpisce dopo la prima mezza giornata su e giù per le strade dei sette colli di Lisbona, più delle minuscole tessere dell’acciottolato bianco, più degli sferraglianti tram gialli presi d’assalto dai turisti e anche più di quella luce atlantica e quel fiume che sembra un mare ma no, non lo è ancora, e del ponte che sembra il Golden Gate, è la presenza onnipresente del pastel de nata, al plurale pastéis. Un dolce di pasta sfoglia e crema all’uovo che sta comodamente nel palmo di una mano e che, negli anni, è dilagato dal suo luogo d’origine, lo splendido Monastero dos Jerónimos nel quartiere di Belém, dove per un paio di secoli è rimasto ben rincantucciato, come un prezioso pisello in un baccello, nella aristocratica solitudine della Antiga Confeitaria de Belém.Dal convento alla pasticceria e poi giù, in stradaSe chiedete oggi in giro, ai locali e a chi si dichiara profondo connoisseur della città, quali siano i pastéis migliori (perché, insomma, dopo averli visti in ogni vetrina e ogni bar e ogni carta del dessert e ogni negozio di souvenir o delikatessen o panificio o pasticceria, e pure all’arrivo nella hall dell’hotel, dati via come un portachiavi o una mappa della città, vi arrendete e decidete di assaggiarli, e portarne a casa al rientro) difficilmente vi diranno che i migliori sono gli originali, gli unici a fregarsi del nome di Pastéis de Belém.
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