I racconti di De Marianis tra realtà e magia

Ci sono viaggi e viaggi. Specialmente in letteratura. Chi viaggia alla Melville e chi alla Joyce. E c’è chi in serbo ne ha uno che più corto  non si può, come quello di Xavier de Maistre nel chiuso di una stanza.  Quello intrapreso con questo libro da Oretta de Marianis è caratterizzato da una eccezionale capacità di sbriciolare cose e sentimenti. Le sue parole  si moltiplicano, si reinventano, si riaggiornano, tanto che ogni sua pagina respira un’atmosfera  diversa. Come ad esempio non essere rapiti nel labirintico divagare filosofico del primo racconto in cui il protagonista ha deciso di demolire tutti gli assunti, da Platone in poi, e quindi  fondare nuovi pensieri e nuovi assiomi? Non c’è alcun dubbio che la filosofia sia un terreno senza confini, ma è  l’antitesi della matematica. Anche il titolo “A nord del crepuscolo orientale” appartiene a quel mondo visionario, di cui sono cosparse tutte le pagine e dove appare velleitario chi si picca di mettere alla berlina tutti i grandi big della dottrina con tutte le sue variazioni, da Nietzsche fino a filosofi e scuole di pensiero inesistenti.
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