Io che giocavo in fortezza | ricordi e speranze per Arezzo

Negli anni ’50 e ’60, i campi sportivi ad Arezzo erano pochi e disseminati in diversi punti della città. Si giocava accanto alla chiesa di Saione, a San Benedetto sotto le carceri, a lato del palazzo vescovile, nel corto campo di San Domenico e persino al “battimuro” del circolino di San Gemignano, dove il muro stesso valeva come giocatore. Poi c’era il piccolo e stretto campo del Seminario.Eppure, tra tutti questi spazi, quello che per noi ragazzi rappresentava la libertà e il divertimento era la fortezza. Qui trovavamo sempre posto per giocare, e spesso si disputavano due o tre partite contemporaneamente, con i campi disposti trasversalmente.Quello che però non sapevamo, mentre correvamo e calciavamo il pallone, era che sotto di noi si nascondeva una vera e propria cittadella. Il Prato aveva seppellito i resti del vecchio foro romano, e un tempo si ergevano 20 torri, distrutte nel corso della storia, che servivano a dominare la città dall’alto.
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