Cambiare dittatore non è la libertà

Ci sono rischi che alla cacciata di un tiranno subentri un altro despota, magari peggiore del primo, come accadde quasi cinquant’anni fa in Iran. Cioè, temo che l’entusiasmo con cui venne accolto Khomeyni si ripeta oggi con il capo dei ribelli siriani al-Jolani.Massimo Boffa, simpatico e colto ex giornalista di Panorama, tempo fa mi raccontò di come lui, inviato a Teheran alla fine degli anni Settanta, descrisse la rivoluzione islamica di Ruhollah Khomeyni. La cacciata di Reza Pahlavi e lo smantellamento di una polizia segreta, la terribile Savak, che arrestava e torturava gli oppositori al regime dello Scià, gli apparve come una rivolta che avrebbe liberato l’Iran, avviandolo verso la democrazia. Del resto, i movimenti che combattevano la dittatura, alcuni di ispirazione liberale e altri di formazione marxista, sembravano tutti uniti nel sostenere l’ayatollah in esilio a Parigi e nessuno, tra i tanti giornalisti accorsi a raccontare la rivoluzione, pensò che si andasse verso la sostituzione di un regime con un altro, probabilmente più oppressivo e pericoloso del precedente.
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