Dalla crisi di Egea qualcuno potrebbe averci guadagnato Di certo tutti noi abbiamo perso

Più di un anno fa ho provato a raccontare la crisi profonda di Egea, l’azienda multiservizi dell’albese con diramazioni in tutta Italia, a lungo portata come esempio virtuoso di holding mista pubblico/privato, con un unico socio di maggioranza privato, l’ing. Carini, che – attraverso la sedimentazione di concessioni legittimate da quote di partecipazione infinitesimali garantite ai comuni, insieme a opere e welfare a pioggia, meglio se prima delle elezioni – era riuscita a garantirsi mercato e fatturato per decenni.La crisi nera della potente holding segnava – raccontavo – la crisi di un modello di gestione del territorio, della sua economia, delle sue relazioni, soprattutto quelle politiche. Alba, sede e origine di Egea, è la terra del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Nelle varie società del gruppo siedono, come soci, amministratori e sindaci: alcuni tra i più importanti imprenditori del territorio, le banche locali con i loro amministratori, esponenti politici di tutti gli schieramenti, tanto che Egea si presentava all’esterno con una certa presunzione, come espressione di un territorio virtuoso.
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