La pena addolcita per De Pasquale e Spadaro e le motivazioni inconsistenti dei giudici

Posso sbagliare, ma mi sembra di non aver letto nulla a proposito di un singolare profilo di curiosità emergente dalla sentenza del tribunale di Brescia che, qualche settimana fa, ha condannato i pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro per aver – lo diciamo in latino corrente – inguattato prove favorevoli agli imputati nel processo “Eni Nigeria”.Si tratta di questo. Quando i giudici bresciani devono decidere, dopo aver concluso per la responsabilità degli imputati, quanta pena ammollargli sulla groppa, ebbene spiegano che è opportuno addolcirla un po’ in ragione di attenuanti che assistono gli imputati, in particolare il fatto che essi sono incensurati e che, durante il processo, si sono comportati bene. Ottimo. Quando, poi, il tribunale si occupa del destino della pena inflitta, spiega che è opportuno sospenderne condizionalmente l’applicazione.
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