Tutto sulla prima collabo dell' anno Louis Vuitton e Takashi Murakami

Quando le collabo nel mondo della moda non erano ancora un fenomeno come lo conosciamo oggi, Louis Vuitton iniziava a segnare il territorio. Erano i primi anni Duemila, la maison francese era guidata da un giovane Marc Jacobs che folgorato da una mostra alla Fondation Cartier (era il 2002) di Takashi Murakami, decise di chiamare l’artista giapponese per reinventare l’iconico monogramma Louis Vuitton: il mondo dell’arte entrava in quello della moda, in un modo decisamente inaspettato. All’epoca Murakami – nato a Tokyo nel 1962 – era noto ai più per i suoi lavori di grande impatto in cui combinava l’arte tradizionale giapponese alla fantascienza, ai manga, a personaggi kawaii spesso riprodotti in motivi ripetitivi e raffigurati in dipinti, sculture; si era trasferito a New York ed era rimasto affascinato dal lavoro di Jeff Koons, e dall’idea di Factory di Andy Warhol, tanto da fondarne (1996) una sua la Hiropon Factory, un collettivo per promuovere e sostenere gli artisti giapponesi emergenti.
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