Polvere bombe e l’aria che manca L’inferno di Stalingrado nelle parole di Grossman

Nei mesi tra agosto e dicembre del 1942 accadeva ai bambini russi abitanti a Stalingrado e dintorni di scoppiare improvvisamente a piangere la notte. C’era che pur assonnati avevano riconosciuto il suono degli aerei tedeschi che nel numero di mille volteggiavano sopra la città russa e picchiavano incessantemente contro di essa. Gli alti comandi tedeschi avevano esitato a lungo su quale giorno di agosto scatenare l’attacco che reputavano decisivo al fine di spezzare le reni a quella città talmente simbolica dell’universo comunista. Dopo le fulminee vittorie conseguite a partire dal giugno 1941 in cui Hitler aveva dichiarato guerra alll’U, quando i soldati russi erano scappati “a testa bassa” innanzi all’avanzata dei tedeschi, avanzate interrotte soltanto dall’inverno russo, non tutti i comandanti tedeschi ma Adolf Hitler e quelli a lui più vicini reputavano che entro il novembre 1942 Stalingrado sarebbe stata piegata e l’U definitivamente sconfitta.
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