Noi che vediamo ancora l’oro di Roma Lettera da un' incursione

Noi quando andiamo a Roma ci si alza presto. E’ ancora buio. La domenica, nessuno. Roma è nostra mentre il cielo da pallido si colma di azzurro. Ecco, questo cielo: è il ponentino, è il mare, è la diversa latitudine? Noi Im, Incursori milanesi, commossi e insieme contrariati – giacché da una vita ci chiediamo perché vivere a Milano, quando qui c’è questo cielo.    L’Incursore guarda ogni cosa come fosse la prima volta. Gianicolo, ore 7 e 30. L’Acqua Paola scroscia abbondante, e ha la limpidezza del mare di Gallura. Io vorrei entrarci, in quest’acqua: vorrei berla.  Alle spalle, dal Belvedere, Roma ci si palesa davanti regale, e ci zittisce. Poi, giù a Trastevere. Il tempo di affacciarci alla Basilica, sull’abside d’oro. Ma occorre andare, il tempo è breve.    All’Aventino, ora. Dal Giardino degli aranci, in una foschia indaco, San Pietro è un’apparizione.
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