L’imbrattamento antisemita come ragazzata ci ricorda ancora quanto è banale il male

Chiunque dovrebbe capire che se una sinagoga viene presa di mira in un quadro di normalità e fungibilità teppistica non significa che l’azione è priva di tratti antisemiti. Significa l’opposto, e cioè che l’aggressione antisemita rientra nelle normali e fungibili manifestazioni del teppismo. Significa, per capirsi, che imbrattare una casa qualsiasi con una scritta triviale qualsiasi è come disegnare una stella sulla casa di un ebreo.Per questo erano ripugnanti certe puntualizzazioni a proposito dei disordini bolognesi che si sono sfogati anche contro la sinagoga della città. A parte l’ignobile e routinaria reazione negazionista, la stessa che negava il carattere antisemita della caccia all’ebreo per le strade di Amsterdam, a parte il cosiddetto genocidio di Gaza puntualmente evocato a minimizzare qualche sfregio dopotutto innocuo a un vecchio muro, c’è – ed è anche peggio – la fantastica idea secondo cui il bruto che colpisce una sinagoga avrebbe potuto prendersela alternativamente con la vetrina di un pub o con un lampione della luce: dunque di quale antisemitismo si va cianciando?Lasciamo pur perdere il fatto che i ragazzotti di Bologna – nonostante le dichiarazioni negatorie del sindaco Lepore, lo sbandieratore pro-pal – abbiano avuto cura di intestare la loro opera alla “giustizia per Gaza”.
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