Il nostro Mishima oltre le appropriazioni indebite e le forzature interpretative della sinistra

Contrordine compagni: dimentichiamo le vecchie “appartenenze” culturali e cerchiamo piuttosto di “ribaltarle”, archiviando storiche e ben rodate appartenenze. E’ l’ultima ridotta di una cultura (progressista) in disarmo, alla disperata ricerca di una nuova legittimazione. Ed è cronaca di questi giorni con J.R.R. Tolkien, il padre de “Il Signore degli Anelli”, derubricato a oggetto di “un’appropriazione indebita” – secondo Stefano Cappellini (su “Robinson”) – da parte di una destra in cerca di . autori (eravamo nel 1977, l’anno di Campo Hobbit, mentre a pubblicare la prima traduzione italiana era stato, nel 1970, Rusconi, non proprio un editore “di sinistra”) e con Yukio Mishima, del quale il 14 gennaio è caduto il centesimo della nascita, “riscoperto”, sulle pagine de “La Repubblica” , da Raffaella De Santis che, messa da parte l’idea dello scrittore-samurai, arriva ad offrire l’immagine di un Mishima “ironico, fluido e non fascista”, immagine opportunamente contestata da Giuseppe Del Ninno sul “Secolo d’Italia”, che individua il “faro del suo cammino” nella tradizione, “fatta di senso dell’onore, di coraggio, di obbedienza al divino imperatore”.
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