La politica muta davanti ad Auschwitz

Pare che il 27 gennaio, nel corso della tradizionale commemorazione per le vittime della Shoah ad Auschwitz, i politici saranno presenti ma non potranno prendere la parola: interverranno soltanto testimoni diretti della strage. Impedire ai grandi del mondo di intervenire sulla più grande tragedia della storia non è solo un modo di evitare gaffe in retrospettiva (qualche anno fa, ci fu un accorato intervento pacifista di Vladimir Putin) o imbarazzi dovuti all’inevitabile comparazione fra la guerra di ieri e quelle di oggi. Temo invece si tratti di un disagio più profondo e più esteso, che implica una sostanziale sfiducia nella politica di per sé; come se, dopo un lungo periodo in cui alla politica ci si è affidati riconoscendole il ruolo decisivo di mediatrice, si sia fatto strada il sospetto che ormai la politica sia esclusivamente l’agone della divergenza e del conflitto insanabile.
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