Il manga e il suo rapporto complesso con la Shoah

Le mani sporche di sangue, la mente che fatica a ricordare, la consapevolezza che la memoria sia l’unica vera arma che abbiamo contro il ritorno di vecchie abitudini dure a morire.Eppure, mentre l’occidente – carnefice attivo e servo del Terzo Reich – ha sviluppato una memoria collettiva e quantomeno critica nei confronti delle barbarie del secolo scorso, il Giappone – soprattutto se analizziamo il contesto culturale dei manga –  si è sempre tenuto un po’ alla larga da alcune di queste tematiche, trattando la Shoah in maniera marginale.Tale lacuna storica – se così vogliamo chiamarla – sembrerebbe essere il risultato di una serie di fattori politici, sociali e culturali che riflettono il rapporto complesso del Giappone con il proprio passato bellico.Oggi, in occasione della Giornata della Memoria, andremo ad esaminare questo particolare fenomeno, trascinando al banco dei testimoni non solo le difficoltà del popolo nipponico nel confrontarsi con i traumi della guerra, ma anche il modo in cui il Giappone ha interpretato e trasformato – in un certo qual modo – la memoria storica, talvolta sfruttando il filtro del kawaii.
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