Da bevanda dei nonni a re della mixology | la nuova vita del Vermouth di Torino

C’è stato un tempo, alla fine dell’800, in cui il Vermouth di Torino era, come ricorda Pierstefano Berta, studioso del vino e direttore del consorzio, «il primo prodotto enogastronomico italiano nei mercati» e il collegamento tra il prodotto e la città era talmente stretto che i consumatori chiedevano direttamente “un Torino”. In epoca recente, il Vermouth è un po’ passato nel dimenticatoio salvo poi riacquisire fama e notorietà grazie al successo della mixology, mentre altre regioni italiane (come la Toscana) ambiscono a creare il proprio vino aromatizzato. Nei cocktail più diffusi - Negroni, Americano, Martini - è obbligatoriamente presente. Il cambio di passo La svolta avviene proprio durante la pandemia, e quasi coincide con il 2019, data dell’ottenimento della indicazione geografica protetta (e della nascita del consorzio): oggi è l’unico Vermouth al mondo ad avere tale riconoscimento secondo un preciso disciplinare (elaborato con vini italiani e aromatizzato con assenzio piemontese, erbe officinali e spezie).
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