Che dramma se la lotta per diritti Lgbt resta in mano a una subcultura autoreferenziale

C’è un passo nell’appello di Anna Paola Concia e di Alessio De Giorgi pubblicato sul Foglio di ieri (Il massimalismo fa male alla causa Lgbt. Appello per un nuovo riformismo) che mi sembra doppiamente rivelatore: “E ci siamo consolati di avere milioni di persone ai nostri pride, senza renderci conto che se i partecipanti avessero davvero letto le piattaforme di quelle manifestazioni, se ne sarebbero state in larga parte a casa: non necessariamente perché non le avrebbero condivise, ma perché non le avrebbero neppure comprese”. Io per esempio diserto i pride proprio perché quelle piattaforme le leggo ogni anno da cima a fondo e non ho nessuna intenzione di manifestare contro il capitalismo e contro Israele sotto l’ombrello intersezionale dei diritti Lgbt. Fin qui per il non condividere; resta il secondo aspetto, quello del non comprendere.
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