Parole e rivoluzione | tre consigli letterari

“La militanza era una catena interminabile, peggio del rosario di una beghina popolana, di riunioni da mattina a sera; circoli di studio in cui si ripetevano litanie, si rielaboravano schemi, si pensava poco, si spettegolava sulle coppiette e tutti avevano uno pseudonimo anche se tutti conoscevano i nostri nomi veri. C’erano spartachisti puri e impuri, maoisti e neomaoisti, qualcosa come quattro varianti di trotskisti e ovviamente gli eterni menscevichi del PC, quei fantomatici massimi nemici della sinistra-sinistra, che erano, e questo era il tanto disprezzato aggettivo, molto più grave della peggiore macchia morale, “riformisti”. Visti dalla distanza del presente, bisogna ammettere che eravamo davvero strani”.‘68, di Paco Ignacio Taibo II (traduzione di Simone Cattaneo, prefazione di Gianni Minà, prologo di Elena Poniatowska; Mimesis Edizioni), è uno straordinario memoir (che nelle intenzioni dell’autore doveva diventare un romanzo) sulla stagione della contestazione in Messico dalla nascita del movimento di protesta, con l’occupazione di scuole e università, fino alla repressione dello Stato e al sanguinoso epilogo.
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