Sale chiuse appelli e un libro che ribalta la vulgata sui mali del cinema

La disfida delle Sale, a Roma, è in pieno svolgimento: nove cinema in disuso comprati da un fondo olandese, trenta schermi spenti, registi, attori, produttori mobilitati per chiedere alla regione Lazio di non permettere la riconversione in supermercati o Sale bingo, Carlo Verdone e Ferzan Özpetek impegnati in prima persona, il governatore della regione Lazio Francesco Rocca che rassicura sulle possibili speculazioni. Ma questa è soltanto la superficie visibile di un problema che viene da lontano, e che ha prima di tutto a che fare con il rapporto collettivo, da un lato, e individuale e intimo, dall’altro, tra un film e il suo spettatore, solo che il film non si muove da solo e lo spettatore neppure: sono entrambi parte di un sistema e si specchiano a intermittenza l’uno nell’altro, trasformando man mano, senza averlo progettato, immagine e percezione, tanto più quando terzi attori si muovono sul campo – prima la televisione, poi la rete.
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