Se vuoi vivere devi sperare

Essere pronti alla nascita del nuovo, coltivare fiducia come «gravidanza di futuro». Un filosofo à la page ci scuote dall’angoscia, il male dell’Occidente. Pecca però di ingenuità politica. E trascura il senso religioso. Nonna Speranza torna a farci visita con la scusa del Giubileo, a lei dedicato. La vecchia è sempre l’ultima a morire ma da troppo tempo non si vede più in giro. A lei era dedicato il celebre salotto dal poeta Guido Gozzano, di vecchie cose inutili, in disuso, un po’ kitsch. Ma la speranza è da lungo tempo bandita, non rientra negli orizzonti previsionali o negli algoritmi. La speranza è perduta da quando non si ha più fiducia in Dio e nella mano materna della Provvidenza; e da quando non si confida più nella storia e nella politica, nel futuro e nella rivoluzione. Chi si affida ancora alla speranza è considerato un meschino che si attacca a una flebile attesa di futuro; al sud, il tapino appeso a quell’esile filo era chiamato «speranzuolo».
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