Quarant’anni di ipocondria per immagini da Woody Allen a Rosa Chemical

C’è un’intervista che feci anni fa, a un regista piuttosto antipatico per un film piuttosto brutto, della quale ricordo solo un dettaglio. Lui doveva aver detto qualcosa circa il pensare sempre alla morte, io dovevo aver espresso una qualche perplessità, e lui mi rispose: mica bisogna essere Woody Allen, per pensare continuamente alla morte.Il riferimento mi era chiarissimo – “Hannah e le sue sorelle” era stato fondamentale come possono esserlo i film che escono quando hai quattordici anni – ma non sapevo che fosse un problema di anagrafe: la mia età all’epoca cominciava ancora per tre, quella dell’intervistato per cinque.Non sapevo che quel che mi stava dicendo il mio interlocutore non mi sarebbe parso estraneo per sempre, e che c’è una ragione per cui a cinquant’anni Woody Allen girò “Hannah e le sue sorelle”, un film in cui tra le altre cose parlava della propria ipocondria e si convinceva che ogni sintomo indicasse qualcosa di terminale, e quella ragione è che a una certa età si diventa così – tutti.
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