In ‘Istella mea’ di Ciriaco Offeddu ritrovo una certa affinità col realismo magico di Marquez

Nel 2002 Gabriel Garcia Marquez pubblica Vivere per raccontarla e dice della sua infanzia e dell’immaginario che darà vita a Cent’anni di solitudine. “La vita non è quella che si è vissuta – osserva – ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. Ne parlo perché leggendo Istella mea (Giunti) di Ciriaco Offeddu, sentivo una certa affinità con l’universo narrativo dello scrittore latino-americano; sentivo la relazione, a ogni pagina, tra mito, magia e realtà. “Ho voluto raccontare il soprannaturale, che è parte fondante della mia terra – dice l’autore -, scrivere una storia senza considerare questo aspetto toglie spessore, voci, prospettive.”.realismo magico, dunque. Ma c’è molto altro: “Avevo lasciato la Sardegna nel luglio del 1967, appena dopo la maturità – dice la protagonista -.
In ‘Istella mea’ di Ciriaco Offeddu ritrovo una certa affinità col realismo magico di Marquez

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