Da Napoleone in poi il vizio francese di rubare l’arte italiana

«Cittadino generale, il Direttorio esecutivo è convinto che per voi la gloria delle belle arti e quella dell’armata ai vostri ordini siano inscindibili. L’Italia deve all’arte la maggior parte delle sue ricchezze e della sua fama; ma è venuto il momento di trasferirne il regno in Francia, per consolidare e abbellire il regno della libertà”. Cominciò così, con l’ordine impartito dal Direttorio a Napoleone Bonaparte, che nel 1796 guidava la Campagna d’Italia della Francia rivoluzionaria. Cominciò la vasta “spoliazione” – un furto, per dirla chiara – delle opere d’arte italiane.Nella seconda guerra mondiale, ci pensò Hermann Göring, per conto di Hitler, ma a anche per conto suo, ad emulare Napoleone. Soprattutto in Francia ma anche nell’Italia occupata dopo l’8 settembre 1943. La sua collezione privata sembra sia arrivata a contare 1376 opere: Tiziano, Tintoretto, Rubens, Rembrandt e Dürer, senza dimenticare l’arte contemporanea, nonostante nel Reich fosse considerata “degenerata”.
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