Gli antichi riti di marzo che richiamavano formule propiziatorie

Ecco marzo, e se forse la primavera dovremo scordarcela per i mutamenti climatici che da tempo ci attanagliano, tuttavia fenomeni di vento (vènt marzulen scadnè da la muntâgna) e piogge non ci hanno abbandonato. Mi piace ricordare come i contadini di una volta salivano il primo giorno di marzo sul tetto della casa, e scoprendo il deretano lo volgevano verso il sole recitando la formula: "sol d’ mêrz, cùsm e’ cul e no m’cusar ètar (sole di marzo, cuocimi il culo e non cuocermi altro), oppure: "mêrz marzaz, cùsm e’ cul e non e’ mustazz" (marzo marzaccio, cuocimi il culo e non il mostaccio). Si trattava, come riferiscono gli studiosi Placucci (1818) e Bagnaresi (1930) di uno scongiuro per evitare scottature o comunque abbronzature al viso, quest’ultime considerate allora e non certo oggi, antiestetiche.
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