Anche nel modo di aggredire gli ingrati Trump e Putin si assomigliano sempre di più

L’epilogo più vergognoso che sconcertante della cacciata in mondovisione dopo l’aggressione a due voci, anzi a doppie urla, di Zelensky da parte del duo Trump-Vance, era leggibile nella forma e nella sostanza dell’approccio al presidente ucraino da prima dell’Inauguration day. La concertazione non tanto sotterranea tra il “nuovo sceriffo a Washington” ed il tiranno moscovita, celebrata perfino nel voto negazionista sull’invasione dell’Ucraina dell’Onu si era consolidata già nel primo consiglio dei ministri dopo l’insediamento. Un’occasione istituzionale e mediatica ideale per ribadire che bisogna penalizzare e accusare infondatamente gli alleati (ormai ex) piuttosto che i “nemici”, compari nella spartizione del bottino.Così mentre si materializzavano i dazi del 25% sulle importazioni dall’Unione Europea che è “nata per fregarci”, il ministro degli esteri russo Lavrov aveva attaccato con accenti degni della sua portavoce “la Ue che tifa per la guerra”, solo perché non vuole lasciare l’Ucraina in totale balìa di Mosca.
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