A cosa serve promuovere il lamento europeo? La fiera delle vanità e dell’ipocrisia

Sabato 15 marzo prossimo siamo tutti convocati in piazza dal sempre più malmostoso Michele Serra (un tempo era perfino spiritoso) per l’Europa. Per dire cosa? Che vorremmo un continente di pace, giustizia e libertà? Che lo vorremmo più forte per fare cosa? Insomma, siamo alla ricerca di un labiale collettivo che emetta suoni rassicuranti, in quanto possano sembrare parole consolatorie. Ed emetterli in tanti per farci coraggio. Per convincerci che il cerimoniale possa trasformare un organismo neurovegetativo tendente alla passività in un protagonista assoluto della riscossa di quell’antico aggregato morente. Un conglomerato di vecchi Stati che non sono stati in grado di tutelare neppure il loro più nobile tratto distintivo: la democrazia. Pensiamo davvero che da questo conciliabolo di cadaveri, allestito in permanenza tra Strasburgo e Bruxelles, possano scaturire le energie per una riscossa che fu la fiammella accesa a rischiarare per qualche istante il cielo di Ventotene; rapidamente soffocata nei corridoi in penombra percorsi da burocrati che si pretenderebbero tecnocrazia, da politicanti in fine corsa o seconde/terze scelte di partito in cerca di un contentino per carriere mai decollate, dalla seconda moltitudine di lobbisti e spicciafaccende (12.
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