La Tesla-gate di Fratoianni e signora e la corsa al discredito della politica tutta

La tragicomica vicenda della Tesla Modello Y, proprietà dei coniugi Fratoianni, offre svariati punti di riflessione. Già a partire dalla mutevolezza dei criteri di valutazione indotti dal politicamente corretto: l’apprezzabilità ambientalista di una vettura elettrica rovesciata nel discredito proiettato sull’oggetto dalla collocazione politica del produttore (“l’abbiamo presa prima che Musk diventasse nazista”). Cui aggiunge alla gag, già di per sé ridanciana, lo spunto irresistibile del marito, in una sorta di remake del Claudio Scajola e del suo “all’insaputa” per un appartamento vista Colosseo pagatogli da un benefattore misterioso: “l’auto non è mia. È di mia moglie”. Ma non scherza neppure la consorte, quando proclama il proprio intento di rimediare goffamente al pasticcetto applicando al suo Suv di media dimensione un adesivo proveniente dalla California: “L’ho comprato prima di sapere che Elon fosse pazzo”.
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