Perdersi nelle vie di Roma traboccanti di vita Lettera dal Tevere

Una domenica, all’alba. Roma si sveglia sotto a un cielo minaccioso. Nuvole gonfie su Piazza Navona deserta e noi due, sparuti milanesi. I Tritoni gettano la loro acqua generosa. Pensi allo scrosciare ininterrotto dell’Acqua Paola, su al Gianicolo. A Roma l’acqua preme dal sottosuolo. E’ il Tevere. Spesso opaco, pigro, un vecchio che sa a memoria ogni cosa. Ma a Ponte Garibaldi ha un sussulto, come un turbinio rapinoso. Subito si ricompone. Chissà che ha sentito il Tevere a Ponte Garibaldi, cosa lo ha turbato.  Quanto a me, gioco. Prendo una via sconosciuta, poi giro ancora. Una piazza mai vista. Fantastico, mi sono persa. Adesso è Roma, che mi prende per mano.   Vago sul porfido lucido, alzo gli occhi: un vecchio palazzo ha le persiane, tutte, chiuse. Tranne una. Chissà chi vive lassù, nella casa vuota.
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