Se il regime criminale di Pol Pot rimane impunito

C'è un frutteto, nel villaggio di Choeung Ek, 15km a sud della capitale cambogiana Phnom Penh, dove ai bambini, brancati per le gambette, veniva schiantato il cranio sui tronchi degli alberi. Le fosse comuni hanno restituito circa 10mila uccisi. Gli adulti si scavavano la fossa da sé, cadendovi poi accoltellati o abbattuti da lamine di acciaio. Molti venivano da Tuol Sleng, una scuola di Phnom Penh trasformata in carcere dai Khmer rossi, al potere il 17 aprile 1975. Fino al 1978 vi sono state internate fra le 14mila e le 20mila persone. Ne sono uscite vive solo 7, nessun bambino. Choeung Ek e Tuol Sleng sono solo due dei 150 e più centri di mattanza della Cambogia comunista. Gli orrori li ha confessati Kang Kek Iew, il «Compagno Duch», responsabile di Tuol Sleng, capo della polizia segreta Santebal, il cui nome, fusione di due termini, fa tragicamente ridere: «Custode della pace».
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