Anche il critico spietato si ravvede sul Citati della Follia follia degli antichi

Pur riconoscendo e apprezzando la vastità delle sue letture e della sua erudizione, non ho mai amato i libri di Pietro Citati e lo stile della sua critica letteraria. Il suo riassumere con enfasi i grandi classici era, nello stesso tempo, un sublimare ulteriormente ciò che è già grande di per sé, e un’astuzia commerciale di reintrodurre nel mercato dei capolavori letterari tradotti nella prosa liquida delle sue parafrasi. E’ per questa sua ambiguità (commercializzare il sublime) che più di una volta ho parlato di lui piuttosto spietatamente. E’ vero che Citati non aveva i difetti più frequenti degli accademici, che riducono grandi scrittori e grandi opere ad alcune formule analitiche in gergo teorico, servendole agli “addetti ai lavori” in una prosa legnosa e priva di spirito. Ricordo per esempio un paio di pagine su Verga in cui Citati dice di più e meglio rispetto a quasi tutto ciò che si trova nella massa di studi universitari sullo scrittore siciliano.
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