Per rispondere ai dazi e investire in Difesa armiamoci di bollicine

Una settimana fa si è concluso a Verona il Vinitaly 2025, l’annuale fiera dei vini, dei distillati e delle patenti di guida ritirate. Come ogni anno, il Vinitaly è stata una parata di ministri: fra calici e bottiglie hanno sfilato Lollobrigida, Urso, Giuli. Praticamente il Vinitaly è la Gintoneria del governo Meloni. Data l’importanza economica del settore enologico per l’economia italiana, da sempre questa manifestazione è stata un crocevia di incontri, relazioni e scelte industriali importanti; ma mai come quest’anno l’evento era cruciale e le decisioni da prendere urgenti, dato il duro colpo inferto dai dazi di Trump a tutti i maggiori produttori di vino, per i quali l’export, specie quello per il mercato americano, costituisce una delle fette più importanti dei loro ricavi. “E adesso che si fa?”, si son chiesti per giorni politici e vignaioli raccolti attorno agli stand regionali, tutti pallidi e spaventati al pensiero di montagne di giacenze e fatturati in calo; neanche a dire che bevessero per dimenticare, dato che in questo caso ogni sorso di vino non faceva che ricordargli il problema.
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