Tra ermeneutica trasformativa e femminismo acquatico postumano

Tutto cominciò con la beffa di Alan Sokal, il fisico americano che nel 1996 riuscì a far pubblicare dalla rivista Social Text un articolo sull’“ermeneutica trasformativa della gravità quantistica”. Un testo senza capo né coda, ma infarcito di gerghi alla moda, che Sokal aveva scritto appositamente per dimostrare la fatuità del postmodernismo accademico. La malattia intellettuale non solo non fu debellata, ma negli anni successivi si aggravò. Tanto che tra il 2017 e il 2018 il filosofo Peter Boghossian e due giovani studiosi replicarono l’esperimento su scala più vasta, rifilando ad altre riviste articoli perfino più balenghi: sul pene come costrutto sociale o sulla “cultura dello stupro” tra i cagnolini nei parchi. Neanche la seconda dose di ridicolo bastò a stroncare un’epidemia su cui ormai, del resto, si erano edificate troppe carriere.
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