In Cambogia 50 anni fa la vittoria dei Khmer rossi e del macellaio Pol Pot la sinistra brindò col sangue

Due milioni di morti, un genocidio, con il macellaio Pol Pot  idolo delle sinistre globali che morto dopo dopo, anno dopo anno, diventa un fantasma da esorcizzare col silenzio, un’ombra su cui gettare un velo, anzi, un bavaglio. Al punto che alcuni media, tra cui il giornale del Pci, L’Unità, quasi fino al termine di quell’era nefasta per la Cambogia, si impegnò a contestare la  la veridicità dei bilanci sanguinari e dei racconti delle atrocità commesse dai Khmer rossi che filtravano da quell’angolo infestato del mondo. Oggi, 50 anni fa, il 17 aprile del 1975, cadeva Phnom Penh, nel tripudio dei comunisti di tutto il mondo, italiani compresi. La direzione nazionale del Pci, con Enrico Berlinguer, Armando Cossutta, Massimo D’Alema e Antonio Bassolino tra i più entusiasti, brindò alla sconfitta dei colonizzatori americani per salutare l’avvento di Pol Pot, massacratore senza scrupoli di qualsiasi forma di dissenso si muovesse in Cambogia, finita nelle mani dei Khmer rossi, il movimento comunista, maoista, più ideologizzato ed efferato della storia.
In Cambogia 50 anni fa la vittoria dei Khmer rossi e del macellaio Pol Pot  la sinistra brindò col sangue

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