Niger repressione e sofferenze per i migranti del centro UNHCR
A quindici chilometri da Agadez, nel mezzo del nulla che taglia il Niger settentrionale, c’è un campo che molti chiamano “umanitario”, ma che ha il tanfo del carcere. Le sbarre non si vedono, ma si sentono nel corpo che deperisce e nel tempo che si piega e si dilata fino a diventare supplizio istituzionalizzato. È un luogo sostenuto dal Programma Regionale di Sviluppo e Protezione per il Nord Africa, promosso dal ministero dell’Interno italiano con il denaro dell’Unione europea. Una filiera dell’illusione, vestita di buone intenzioni, ma che in realtà serve a nascondere gli avanzi della migrazione prodotti dalle frontiere.All’interno di quelle invisibili delimitazioni, trovano la propria destinazione donne, uomini e bambini respinti da Libia, Tunisia e Algeria. Gettati nel deserto come scarti, sono consegnati a una dimensione temporale statica, dove il futuro diviene un’astrazione priva di significato.
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