Muoversi come Pedro Pascal sul mondo

Sono giorni strani, questi, l’ho già raccontato. Sarà la primavera che arriva e poi torna sui suoi passi, sarà che tra qualche settimana andrò a compiere cinquantasei anni, scollinando verso i sessanta, sarà, magari, che nella vita ci sono periodi più tosti di altri, per quella serie di circostanze che il cresce e anche invecchiare, se si invecchia, porta con sé. Nei fatti mi capita spesso di essere malinconico. Stanco e malinconico, che è un po’ un mix pericoloso, di quelli che a volte fanno gridare al burnout, o almeno, che a volte mi fanno pensare che sia al limite di un burnout ma che più in generale credo sia semplicemente un pesante mix di stanchezza, dovuta al lavoro, principalmente, e so che dire che uno che fa il critico musical e lo scrittore è stanco farà incazzare i minatori e operai alla pressa, lo so è in parte me ne dispiaccio, ma anche chi fa il mio lavoro si trova a volte a essere stanco, sappiatelo, perché lavorare si lavora, grazie a Dio, e la testa è sempre attiva, ventiquattro ore su ventiquattro, questo il problema di dover essere sempre performante al 100%, perché se sei free lance ovviamente tutte le tue interfacce pretendono per loro il tuo picco in alto, che diventa quindi una sorta di olimpica costante, e malinconia, gli amici e i nostri cari che ci lasciano, i figli che crescendo sono meno presenti o comunque hanno meno bisogno di noi, quella sensazione di aver già vissuto il più della vita, pur avendo ancora un sacco di cose da dire e da fare, sempre la faccenda dell’essere performativi, ma anche da dire e da fare al di fuori del campo del lavoro, sia chiaro, luoghi da vedere, persone da incontrare, roba così.
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