Molti non ci sono più la Canaglia storia di una squadra nata tra sogni risate e legna da ardere

Venivamo da esperienze calcistiche più o meno improvvisate, dilettanti in ogni senso del termine, ma pieni di entusiasmo. C’erano Menchino l’orologiaio, Alvaro l’orafo, Cannellone che allora faceva l’argentiere, e poi il Foffo, il Rubio, il Ronco, il Paollini, il Dragoni, il parrucchiere Claudio, il futuro dottore Baby, il piccolo Cosulich, il Leti, il Berganaschi, e persino un ex centravanti passato per Juve, Savona e Arezzo: Gabriele.Fu proprio Gabriele a portarci in vantaggio in un’amichevole memorabile contro la primavera di Ballacci, quella dei Graziani, dei Neri, dei Baldi. Finì in parità, dopo un rigore quanto meno dubbio, ma che emozione.Poi arrivò il torneo dei “tetti rossi” – il Manicomio – guidati dal Cata, uno che parlava già un’altra lingua, un altro calcio. Lo vincemmo a suon di goleade, con Dragoni che infilò 28 reti in tre partite contro Comune, Ospedale, Ferrovieri.
Molti non ci sono più la Canaglia  storia di una squadra nata tra sogni risate e legna da ardere

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