Porzûs 1945 quando i partigiani italiani si uccisero tra loro

La gente a valle di Porzûs si accorse che li avevano ammazzati per l’odore di morte che usciva dai boschi. Buttati uno sull’altro, sotto quattro dita di terra, i cadaveri si fecero «sentire». Li avevano abbandonati nello stesso punto dove erano stati stroncati dalle raffiche di mitra. Nudi. Avevano dovuto togliersi gli scarponi che, in montagna, erano merce preziosa e furono obbligati a consegnare ai carnefici i vestiti. Per rispondere alle proteste crescenti degli abitanti, il capo dei partigiani rossi, il «Giacca» Mario Toffanin fu costretto ad affidare il lavoro di becchini ai due con lo stomaco più robusto. E anche loro – pure impermeabili alle emozioni – dovettero ricorrere a un’intera bottiglia di grappa per reggere il ribrezzo. Diciotto i morti ammazzati: di 17, nell’immediato Dopoguerra, vennero recuperati alcuni resti ai quali fu assicurata una sepoltura onorevole.
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