L’urlo silenzioso dalle celle quando la pena diventa tortura di Stato
Partiamo dalle cifre, ancora una volta.Arrivano puntuali, implacabili, come una diagnosi infausta. che si ripresenta con monotona crudeltà.I dati più recenti sullo Stato delle carceri italiane, quelli che dovrebbero scuotere le coscienze e mobilitare l’azione politica – come quelli regolarmente pubblicati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) o analizzati nei rapporti di associazioni come Antigone – dipingono un quadro che non possiamo più considerare emergenziale, ma strutturalmente incancrenito: una ferita aperta nel tessuto democratico del nostro Paese.Parlare oggi di sovraffollamento, di suicidi, di carenze sanitarie e strutturali non è più denunciare una criticità, ma è constatare il fallimento sistemico di uno Stato che, nel privare (anche giustamente.) della libertà, troppo spesso infligge una pena aggiuntiva, non scritta, contraria ai principi fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione.
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