La cantante Arisa : a 9 anni ero già formosa e ho scandalizzato i miei!
Partendo dal presupposto che Arisa come persona mi piace e che quindi sarò di parte, dico che l'ho trovata particolarmente autentica in un'intervista che Jonathan Bazzi le ha fatto per Vanity Fair. Riassumo quello che ha detto.
A proposito di adolescenza
“Il mio corpo è cresciuto all'improvviso. Sviluppo a nove anni: forme, seno, altezza. I miei genitori non mi lasciavano uscire di casa, erano terrorizzati, mi vedevano incontrollabile, anche perché ero esuberante, molto aperto. Avevano paura che qualcuno potesse farmi del male, che approfittassero della mia predisposizione al “tutto va bene”, che tra l'altro ho ancora”.
Sulla ribellione contro i genitori
“Ho avuto il mio primo succhiotto quando avevo 11 anni. Non sapeva nemmeno cosa fosse. Mio padre ha visto il mio collo, uno spavento: "Rosalba, che hai fatto?" La prima sigaretta invece a nove anni. Volevo subito dirglielo per fargli capire che non ero quello che pensava. Litigavamo ogni giorno a causa mia".
Verso la libertà
“A 19 anni, lontano da casa. A Bergamo per qualche giorno, poi a Milano. Mille lavori diversi, ma sempre felici”.
La tristezza dell'amore
“Quando mi sento non corrisposto, quando mi piace qualcuno e non capisco cosa pensa. Non ho nozione di strategie, ho la teoria, ma poi la pratica mi frega. La mia unica arma è la sincerità: chiedi e dai”.
Il nuovo album
“Questo primato è anche una denuncia del perbenismo imperante, della presunta “vergogna”, che la gente nega, insabbia. Non mi vergogno di nulla: dal sesso al romanticismo, passando per il masochismo, l'indifferenza. Secondo me la vera svolta arriva quando ce ne rendiamo conto: siamo tutti tutto».
Nello stato
“Uno Stato civile deve prendersi cura della felicità di tutti, come un buon padre si prende cura della vita pacifica dei suoi figli. Invece, allo stato sembra importare che siamo ancora vivi, e basta. Ci prende vivi per pagare tasse e multe, non ci rende felici. Tante persone che stanno in parlamento e fanno le leggi hanno una doppia vita”.
Informazioni su Milano (Porta Venezia, zona LGBTq+)
“Lì mi sento a casa, tra persone libere e aperte. I ragazzi gay con cui esco a Porta Venezia sono per me un po' come tanti gentiluomini con cui passo il tempo, che mi aiutano. Vivo da solo, ma è come se non lo fossi mai stato. Alla fine ho capito questo: che voglio essere felice. Di notte, quando ho un problema, vado in piazzale Loreto, vado a parlare con le ragazze trans che sono per strada. Quando non so dove girare la testa e ci sono cose indescrivibili, trovo sempre un cuore pronto ad ascoltarmi”.
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