Depistaggio Borsellino - prescrizione per i poliziotti

   Soddisfatti a metà i rappresentanti dell'accusa.

Attualità - (dall'inviata Elvira Terranova) - Nessuna condanna per il depistaggio sulle indagini sulla strage di Via D'Amelio. Sono le 18 in punto quando la Corte d'Appello di Caltanissetta, presieduta da Giovanbattista Tona, entra nell'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, per emettere, dopo otto ore di Camera di consiglio, la sentenza di appello. Il reato di calunnia, di cui erano accusati i tre imputati, i poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, nei confronti del falso pentito Vincenzo Scarantino, è prescritto. Sono passati tanti, troppi anni. Così viene confermata, quasi per intero, la sentenza di primo grado. Per Bo e Mattei. Reato prescritto anche per l’ex ispettore Michele Ribaudo, che in primo grado era stato assolto. I giudici non hanno ritenuto per gli imputati l’aggravante di aver commesso il reato per favorire Cosa nostra, per questo è scattata la prescrizione del reato di calunnia.

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 Il primo a lasciare l'aula, pochi minuti dopo la lettura del dispositivo, è Gaetano Murana, l'ex netturbino che venne ingiustamente accusato dal falso pentito Scarantino di avere partecipato alla strage di Via D'Amelio. Fu condannato all'ergastolo e scontò, da innocente, 18 anni di carcere. "Sono molto, ma molto amareggiato...", sussurra all'Adnkronos. "Non mi faccia dire altro", dice. Murana, che si è costituito parte civile nel processo, insieme con altre sei vittime innocenti, sperava in un risarcimento civile, in caso di condanna. Che non ci sarà. Nonostante fosse innocente dopo l'uscita dal carcere non ha più trovato lavoro.  Soddisfatti a metà i rappresentanti dell'accusa. "E' stata esclusa l'aggravante mafiosa per tutti gli imputati ma è stata riconosciuta la responsabilità anche dell'imputato Ribaudo, la cui posizione è stata dichiarata prescritta.

 La pensano n maniera diversa i legali degli imputati

Evidentemente è passato troppo tempo dai fatti", ha spiegato il Procuratore generale di Caltanissetta Fabio D'Anna dopo la sentenza di appello. "E' un mezzo accoglimento della Procura generale e un totale rigetto delle altre parti", ha aggiunto. "Sul mancato riconoscimento dell'aggravante mafiosa leggeremo le motivazioni per decidere se fare ricorso in Cassazione". Accanto a D'Anna ci sono i sostituti procuratori Gaetano Bono e Maurizio Bonaccorso. "Questa sentenza amplia la responsabilità di Mattei e di Ribaudo ma anche di Bo. Probabilmente la corte riuscirà a spiegare bene i motivi per cui nonostante le nostre prospettazioni l'aggravante è stata ritenuta insussistente", spiega l'avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino dopo la sentenza d'appello del processo di secondo grado sul depistaggio.

"Io sono soddisfatto perché, comunque, viene sancito con fermezza che tre appartenenti alla polizia di Stato hanno concorso a depistare le indagini sulla strage di via D'Amelio e io ritengo che questo sia un fatto estremamente grave e importante. Per certi versi dispiace che a pagare siano solo loro perché questo processo presenta numerosi convitati di pietra che avrebbero dovuto essere sul banco degli imputati ma purtroppo quando lo Stato esercita la propria potestà punitiva a 32 anni dagli eventi questo è il rischio che si corre". Il legale "a nome della famiglia Borsellino - ha detto - credo che sia stato fatto un passo importante in relazione a quello che e' stato uno dei più grandi depistaggi della storia italiana".

 E poi aggiunge ancora: "Questo processo è un processo che ha numerosi convitati di pietra che al di là dell'eventuale accertamento di una responsabilità tecnico giuridica o penale, noi li riteniamo responsabili morali di questo che oggi è stato stabilito essere il depistaggio su via D'Amelio. Abbiamo una doppia conforme, ormai molto più di una ipotesi".  La pensano n maniera diversa i legali degli imputati. "Leggere le motivazioni è indispensabile per capire l'orientamento della Corte d'appello ma rimane il dato assodato che non vi sono gli elementi di chiara colpevolezza degli imputati, già esclusi in primo grado", spiega l'avvocato Giuseppe Panepinto, difensore del poliziotto Mario Bo, dopo la sentenza che ha confermato la prescrizione del reato. "Dopo la lettura delle motivazioni decideremo come proseguire", ha detto.

 "E' un sentenza che nel modificare la posizione dell'imputato Michele Ribaudo non esclude che anche nei suoi confronti, come è stato nei confronti di Fabrizio Mattei e di Mario Bo, sia stata applicato il principio per cui la prescrizione prevale sull'assoluzione per la prova contraddittoria, quindi da questo punto di vista prima di leggere le motivazioni non possiamo assolutamente dire che questa sentenza ha ritenuto responsabili gli imputati", dice l'avvocato Giuseppe Seminara, legale dei poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei per i quali il reato è stato prescritto. "Nulla sembra essere cambiato, le motivazioni ci chiariranno questo punto".  

Strage di via D'Amelio: rinviati a giudizio quattro poliziotti per depistaggio - Il 15 novembre 2024, il Gup del Tribunale di Caltanissetta, David Salvucci, ha disposto il rinvio a giudizio per quattro ex poliziotti accusati di aver reso false dichiarazioni durante le loro testimonianze nel processo sul depistaggio delle indagini relative alla strage di via D'Amelio.

Depistaggio Borsellino: la difesa dei poliziotti respinge le accuse - Nel corso dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Caltanissetta, i legali dei quattro poliziotti accusati di depistaggio nelle indagini sulla strage di via D'Amelio hanno sostenuto con fermezza l'innocenza dei loro assistiti. Gli imputati, Vincenzo Maniscaldi, Giuseppe Di Gangi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, tutti ex membri del Gruppo investigativo "Falcone e Borsellino", sono accusati di aver reso false dichiarazioni durante il processo precedente sul presunto depistaggio delle indagini relative all'attentato che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta.

Caso Yara - Bossetti e Ruggeri in aula: gip Venezia si riserva su accuse depistaggio pm -   Al centro della disputa c'è la conservazione dei 54 campioni di Dna - estratti dagli abiti di Yara e contenenti la traccia mista di vittima e carnefice - spostati dal frigo dell'ospedale San Raffaele all'ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.