Ucraina - Kiev chiede chiarimenti su documento finale summit di pace in Svizzera
Ovviamente, i numerosi impegni in agenda, intensamente dedicati in Occidente alla tematica ucraina possono aver giocato al Ministro un brutto tiro, facendogli credere che si trattasse dell’ennesimo incontro nel quadro dell’UE, della Nato o del G7.
Attualità - Le autorità di Kiev hanno annunciato che chiederanno al governo svizzero chiarimenti sui Paesi firmatari della dichiarazione finale del vertice di pace per l'Ucraina celebrato nel fine settimana in Svizzera. La richiesta è stata avanzata per la mancata presenza nel testo finale delle firme dei rappresentanti iracheni e giordani, due Paesi che secondo Kiev si erano impegnati ad appoggiare il testo finale. "Oggi ci metteremo in contatto con i nostri colleghi di Berna e discuteremo ancora una volta la lista completa dei Paesi firmatari. Io ero personalmente presente quando sono stati annunciati i risultati del processo di adesione al comunicato e questi Paesi risultavano sul tabellone finale nella sala in cui si è celebrata la sessione", ha dichiarato Oleksander Bevz, uno dei principali consiglieri dell'ufficio presidenziale ucraino. Kiev non intende trarre conclusioni a caldo su quanto accaduto, ha aggiunto, e considera il testo "sempre aperto" per eventuali adesioni.
La lista finale dei Paesi firmatari non include Giordania e Iraq, oltre, tra gli altri, a India, Arabia Saudita e Messico
Bevz - riporta Ukrinform - ha anche concesso che alcuni Paesi hanno segnalato fin dal principio la loro intenzione di non sottoscrivere il testo: "Probabilmente questo è legato alle particolarità di certi processi politici in quei Paesi. Alcuni Paesi erano direttamente sottoposti a pressioni, e il presidente Zelensky ha parlato ripetutamente di questo sia rispetto alla partecipazione al vertice sia all'adesione o meno al documento finale". La lista finale dei Paesi firmatari non include Giordania e Iraq, oltre, tra gli altri, a India, Arabia Saudita e Messico. "Se si vuol davvero parlare sul serio di fermare 'questa situazione difficile', basterebbe non brandire il nono pacchetto di aiuti militari italiani a Kiev, rinunciando ad ulteriori forniture di armi per tornare, invece, al linguaggio della pace, abbandonando quello della guerra".
E' quanto si legge a conclusione di un commento pubblicato su social dall'ambasciata russa in Italia in cui si fa riferimento al fatto che "Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana, intervenendo il 15 giugno 2024 alla cosiddetta 'Conferenza sulla pace in Ucraina' in Svizzera, ha dichiarato: 'Siamo pronti a mandare un nuovo pacchetto militare perché senza la nostra difesa è impossibile lavorare per la ricostruzione. Vogliamo fermare questa situazione difficile'”. "È difficile credere - prosegue il commento dell'ambasciata russa - che siffatto assai stimato politico di grande esperienza non si sia reso conto che il riferimento alle forniture di armi fosse fuori luogo in un evento in cui, in teoria, si discuteva di negoziati e diplomazia.
Ovviamente, i numerosi impegni in agenda, intensamente dedicati in Occidente alla tematica ucraina possono aver giocato al Ministro un brutto tiro, facendogli credere che si trattasse dell’ennesimo incontro nel quadro dell’UE, della Nato o del G7". "Sebbene sia più probabile che per il ministro degli Esteri italiano si sia trattato di un lapsus freudiano - conclude - che ha svelato il vero significato della cosiddetta Conferenza 'sulla pace' in Ucraina sul Bürgenstock, organizzata dal regime di Kiev e dai suoi sostenitori occidentali, che dietro un inutile paravento nascondeva i loro veri piani aggressivi, connessi alle armi e alla guerra".
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