Trump vince, Bitcoin vola e Tesla cresce, ma Trump Media crolla
L'elezione di Donald Trump ha generato significative ripercussioni sui mercati finanziari, con effetti contrastanti su diverse asset class. Le cosiddette "Trump trades", ovvero le azioni e gli strumenti finanziari ritenuti favoriti dal ritorno di Trump alla Casa Bianca, hanno registrato performance notevoli. Tesla, guidata da Elon Musk, nominato da Trump come "Ministro all'Efficienza Governativa", ha visto la sua capitalizzazione di mercato aumentare di 250 miliardi di dollari dal giorno delle elezioni. Parallelamente, il Bitcoin ha raggiunto per la prima volta la soglia dei 90.000 dollari, alimentato dalle dichiarazioni di Trump riguardo l'inclusione della criptovaluta nelle riserve strategiche nazionali. Anche diverse società a piccola e media capitalizzazione, percepite come beneficiarie dell'agenda protezionistica di Trump, hanno registrato rialzi significativi.

Tuttavia, non tutti i settori hanno beneficiato di questo clima euforico. Le borse dei Paesi potenzialmente soggetti a nuovi dazi da parte dell'amministrazione repubblicana hanno subito pressioni al ribasso. Inoltre, la Federal Reserve, con il presidente Jerome Powell, ha dichiarato fermamente di non avere intenzione di dimettersi, nonostante le speculazioni su una possibile richiesta in tal senso da parte di Trump. La Fed ha in programma una serie di tagli dei tassi, ma l'intensità e la tempistica potrebbero essere influenzate dalle politiche economiche dell'amministrazione entrante, che potrebbero incrementare il deficit pubblico e alimentare l'inflazione.
Un caso particolare è rappresentato dalla Trump Media & Technology Group Corp, proprietaria del social network Truth Social. Nonostante un incremento del 200% nelle settimane precedenti alle elezioni, il titolo ha registrato un calo del 5% nei cinque giorni successivi alla vittoria di Trump. Questo fenomeno potrebbe essere attribuito al principio del "buy the rumor, sell the news", dove gli investitori, dopo aver scommesso sulla vittoria di Trump, hanno realizzato i profitti una volta confermata l'elezione. Inoltre, circolano voci su una possibile vendita della società per evitare conflitti di interesse, sebbene Trump abbia smentito tali indiscrezioni, definendole "illegali". Attualmente, la quota del 53% detenuta da Trump è valutata circa 3,7 miliardi di dollari, ma una eventuale vendita potrebbe deprezzarne il valore, data la stretta associazione del brand con la sua persona.
Dal punto di vista finanziario, la Trump Media & Technology Group ha riportato nell'ultimo trimestre ricavi per circa 1 milione di dollari, a fronte di una perdita di oltre 19 milioni. Sebbene le perdite siano inferiori rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (26 milioni), anche i ricavi hanno subito una contrazione. La raccolta pubblicitaria su Truth Social rimane modesta e, con il ritorno di Trump su altre piattaforme, l'attrattiva esclusiva del suo social network sembra essersi affievolita. Alcuni ipotizzano una possibile fusione con X (precedentemente Twitter), sebbene anche questa piattaforma abbia registrato un calo significativo delle entrate pubblicitarie dopo l'acquisizione da parte di Elon Musk. È evidente che sia Trump sia Musk hanno investito nei social media non tanto per i potenziali profitti, quanto per disporre di un canale diretto di comunicazione, al di fuori dei media tradizionali.
Critici sostengono che Trump Media sia una "meme stock", ovvero un'azione il cui valore è influenzato più dall'entusiasmo degli investitori retail che dai fondamentali economici dell'azienda. Questo comportamento può portare a volatilità elevata, con pochi investitori che realizzano guadagni significativi e molti che rischiano perdite consistenti. Nei giorni successivi alle elezioni, sono state vendute 16 milioni di azioni della società; tra i venditori figurano l'amministratore delegato Eric Swider, il direttore finanziario Juhan Phillip e il general counsel Glabe Scott, come riportato nelle comunicazioni alla SEC.
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