Pisa, licenziata dopo il cambio di genere: per i giudici nessuna discriminazione, ma il caso prosegue in appello
Assunta come tecnico impiantista specializzato nel 2023 presso un'azienda pisana, una trentenne ha avviato la sua transizione di genere circa un anno dopo, comunicandolo al datore di lavoro. Tuttavia, pochi giorni dopo la comunicazione, è stata licenziata. La vicenda ha dato avvio a un processo, la cui sentenza di primo grado è favorevole all’azienda.
Secondo il Tribunale di Pisa, non è stata dimostrata alcuna discriminazione legata al cambio di genere. La ditta ha dichiarato che il licenziamento è avvenuto esclusivamente per motivi economici, derivanti dalla soppressione del ruolo, e che la volontà della dipendente di avviare la transizione è stata comunicata solo successivamente al provvedimento.
L'azienda, che ha negato ogni accusa, ha sostenuto in aula che i turni serrati e le difficoltà lavorative indicate dalla lavoratrice fossero dovuti alla normale gestione operativa. Inoltre, le testimonianze dei colleghi avrebbero confermato che la decisione di licenziare la dipendente era già stata presa prima della sua comunicazione ufficiale.
Nel dicembre 2023, la dipendente aveva scritto una mail per segnalare il suo stato di ansia e stress, chiedendo una riunione al rientro per condividere con i colleghi il suo percorso di transizione e per richiedere spazi adeguati in azienda. Secondo la versione dell’azienda, nella mail non erano esplicitamente menzionati riferimenti al cambio di genere.
Tra le prove fornite dalla lavoratrice, un post sui social aziendali, pubblicato mesi dopo il licenziamento, è stato giudicato dai giudici "astratto" e privo di valore probatorio, in quanto non supportato da documentazione adeguata e presentato tardivamente.
La sentenza del Tribunale di Pisa conclude che non vi siano sufficienti elementi per confermare una discriminazione, lasciando però aperta la questione per ulteriori accertamenti da parte della Corte d’Appello di Firenze, dove il caso verrà riesaminato.
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