Allarme allergie: la crisi climatica prolunga la stagione dei pollini di 45 giorni

Il riscaldamento globale sta estendendo la stagione delle allergie in Italia. Un aumento di 10 giorni senza gelo durante l'inverno ha allungato la stagione pollinica di 45 giorni: inizia 25 giorni prima in primavera e si protrae di altri 20 in autunno. Questo fenomeno colpisce oltre 10 milioni di italiani allergici, in particolare bambini asmatici (1 su 5) e anziani con problemi respiratori (17% degli over 65). Tra gli anziani più fragili, si rischia un aumento della mortalità fino al 116%.

Nel 2023, l'Italia ha registrato 10 giorni senza gelo in più rispetto alla media 1991-2020, posizionandosi al terzo posto tra gli anni con meno giorni di gelo nella serie storica. Questo dato, rilevato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), indica che meno giorni con temperature sottozero permettono alle piante di crescere e rilasciare pollini più a lungo. Di conseguenza, la pollinazione primaverile è anticipata di 25 giorni e quella autunnale prolungata di quasi 3 settimane, aumentando la durata complessiva della stagione dei pollini di oltre un mese e mezzo.

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Il cambiamento climatico rende la stagione dei pollini non solo più lunga, ma anche più intensa a causa dell'inquinamento che intrappola il calore. Livelli più elevati di CO2 nell'aria possono aumentare la produzione di pollini nelle piante, in particolare nelle graminacee e nell'ambrosia. Secondo una ricerca americana del 2022, alla fine del secolo l'aumento della produzione di pollini potrebbe arrivare fino al 200%.

Stagioni polliniche più lunghe e intense possono avere gravi conseguenze per le persone più vulnerabili, soprattutto i bambini affetti da asma e gli anziani con malattie respiratorie, in costante aumento. Uno studio pubblicato su 'BMC Public Health' ha analizzato oltre 127.000 decessi registrati in Michigan tra il 2006 e il 2017, esaminando 4 tipi di polline: alberi decidui (come acero, betulla e pioppo), sempreverdi, graminacee e ambrosia. I risultati hanno mostrato che alti livelli di polline di alberi decidui e graminacee si associano a un rischio dell'81% più alto di mortalità per tutte le cause respiratorie croniche, dopo 7 giorni di esposizione. Inoltre, livelli elevati di polline di ambrosia sono collegati a un aumento del 107% della mortalità per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e del 116% per altre malattie respiratorie croniche.

I benefici del verde pubblico per la salute sono numerosi e scientificamente dimostrati. Tuttavia, con il cambiamento climatico, le allergie legate al verde urbano si manifestano prima in primavera e durano più a lungo in autunno. Per avere città verdi a prova di allergie, la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAAIC) ha elaborato un decalogo per parchi 'anallergici'. Tra le soluzioni proposte: preferire piante che affidano l'impollinazione agli insetti, producendo meno polline; evitare alberi come betulla, cipresso e ulivo; effettuare la potatura delle siepi prima della fioritura; falciare i prati prima dell'emissione del polline; seguire il calendario pollinico per programmare gli sfalci delle graminacee altamente allergeniche; diserbare le aree endemiche per l'ambrosia; predisporre la gestione del verde nelle ore notturne e nelle giornate poco ventilate; bonificare i luoghi pubblici da piante responsabili di dermatiti allergiche; consultare le mappe delle aree climatiche per monitorare le concentrazioni dei pollini prima di organizzare eventi pubblici.

In Italia, le piante più a rischio allergia sono betulla, graminacee, artemisia, nocciolo, cipresso, ulivo, ambrosia e parietaria. Le amministrazioni pubbliche possono adottare queste semplici soluzioni per ridurre l'esposizione della popolazione alle allergie da pollini, come asma, rinite e congiuntivite.

Frutta secca: rischi e gestione delle allergie nei bambini - Tra i principali allergeni responsabili di reazioni potenzialmente pericolose, la frutta secca e le arachidi emergono come alimenti particolarmente critici. La popolazione pediatrica è la più esposta, dato che le allergie alimentari colpiscono circa il 6-8% dei bambini sotto i tre anni e sono in aumento anche negli adolescenti.

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